IL CORNICIAIO

NTRODUZIONE

Alberto aveva un spiccata predilezione per i quadri di ogni e qualunque qualità forse perché edotto dai racconti di uno zio che amava visitare mostre di opere d’arte di tutti i tipi. E pur prediligendo le sculture, gli raccontava spesso dei dipinti famosi e oppure del tutto banali ed Alberto restava a bocca aperta quando riusciva ad immaginarsi la bravura del pittore che aveva fatto sembrare immagine a tre dimensioni come pure di quello che semplicemente aveva dipinto una rosa copiata da una cartolina.
Egli però mancava totalmente di preparazione teorica non avendo frequentato che la scuola d’obbligo e, giunto da un paio d’anni alla fine scolastica si divertiva a costruire delle cornici in legno che dedicava ad alcuni amici pittori che in cambio gli davano qualche soldo.
E’ accaduto però che la sua passione per la pittura ad un certo punto si fosse manifestata in una ardente passione che egli stesso definiva arte e che utilizzava nel montare le pitture su cornici particolari perché costruite ex novo da lui stesso sia come forma e sia come composizione finale del quadro. Egli giocava sulla tipologia della cornice vera e propria poiché si era procurato una grande varietà di listelli in legno già accuratamente fresati in tutta la loro lunghezza oppure del tutto semplici a sezione rettangolare, trapezoidale o triangolare ma di diversi colori e che andavano dal tipo a sezione rettangolare dei vari colori dal bianco al nero ad una serie di rossi e di verdi, dalla tipologia lisce a passe-partout cioè di una fascia sia bianca che a diversi colori e con la quale contornava il disegno mettendo in risalto in maniera più o meno marcata il contenuto pitturato a colori.
Per esempio un lavoro ricco di immagini egli lo circondava con un fascia marrone chiaro chiaro che nella sua idea collegava già il soggetto dipinto con la cornice elaboratissima da lui stesso creata. Invece trattandosi di un ritratto delicato, egli usava una cornice liscia a colore chiaro con una fascia di color ancora bianco che a suo avviso faceva risaltare bene il contorni della figura.
Questa passione di Alberto, se non aveva molto successo per gli abituali artisti che lo incaricavano di incorniciare le loro opere, però si era fatta un’ampia clientela di persone comuni che, quando gli portavano fotografie oppure dipinti di nessun valore artistico, amavano discorrere a lungo con lui di tutte le particolarità che egli proponeva e le lunghe motivazioni di esse.
Si può affermare come una caratteristica di valore oppure soltanto come una pura e semplice curiosità il fatto che Alberto sapesse convincere. Fatto sta che in quel modo egli si era procurato un’ampia clientela venendo giudicato un incorniciatore di riguardo che sapeva valorizzare soprattutto le numerose fotografie che la diffusione dei telefonini aveva tanto favorito.
In questo campo Alberto lavorava molto a distanza ricevendo delle immagini fotografiche mediante whatsapp nel qual caso egli ricavava autentici capolavori stampando egli steso le foto ritagliate in maniera sapiente ed addobbandole secondo la sua inventiva che, in quel tipi di clientela otteneva grande successo.

La lunga dissertazione fatta sulle cornici di Alberto ha una motivazione precisa .
Si deve qui rilevare come i racconti del tipo di quello che appare da queste righe, di solito iniziano in modo spettacolare con la descrizione di scenari fantasmagorici entro i quali si muovono fin dall’inizio personaggi altrettanto favolosi. Qui invece ci troviamo in un campo diametralmente opposto essendo basati su su una cosa modestissima come potrebbe essere ed effettivamente è quella cornice dalla quale parte la vicenda principale del racconto, al tempo stesso anche il finale a grande esplosione di gioia deriva anch’esso dalla cornice medesima.

LA CORNICE FRANTUMATA

Un bel giorno Alberto vede arrivare nel suo studio-falegnameria una vecchia signora la quale aveva trovato nella soffitta di casa sua un vecchio quadro tutto ammuffito dai molti anni di abbandono su un mucchio di residuati da portare al macero e con una cornice che risultava letteralmente a pezzi non solo perché molto vecchia ma probabilmente per essere precipitata a terra dal punto in cui era fissata al muro. L’oggetto era rimasto con cornice addirittura spaccata in più parti. Di chiaro il quadro aveva solo i nome che era “COLLEGAMENTO” cioè un nome che poteva rappresentare la scena ritratta ma poteva anche avere un significato nascosto e per il momento incomprensibile.
Fin dalla prima occhiata a quel quadro così messo male, Alberto sostenne che era un misero lavoro senza nessuna pretesa. Siccome nella tela era dipinto solo il contorno della figura che poi sarebbe stata disegnata, addirittura Alberto lo paragonò ad uno scarabocchio di quelli che disegnavano i bambini senza alcun estro per dipingere. Egli tentò in ogni modo di convincere la signora che non era il caso di spendere denaro per quello che non si poteva nemmeno chiamare quadro e non tanto per le condizioni ed il numero di rotture presenti ma anche per la scadente qualità della parte pittorica che si poteva considerare solo uno schizzo.
Con i soldi che io le farò pagare lei si compra un bel quadro nuovo. Le disse.

IL DETTO TRADIZIONALE

La signora precisò che si era fatta una ragione ben precisa prima di decidere per il restauro ed era una diceria che i suoi si erano tramandati da padre in figlio quale origine misteriosa del quadro poiché nella soffitta si trovava anche un’altra pittura ben fissata al muro perimetrale e che era tutto ciò che, dalla tradizione, sarebbe stato un capolavoro ma che in realtà era solo un abbozzo in quanto il pittore che avrebbe dovuto finirlo era deceduto improvvisamente lasciando, a detta della fantasiosa diceria, dei grandi tesori che aveva guadagnato con la sua arte.
La stranezza dell’episodio continuava con il dubbio che il pittore fosse morto durante la pittura del dipinto a muro poiché lo doveva fare stando sempre piegato in avanti a causa della modesta altezza del muro dove doveva lavorare di pennello. Si narrava anche che la cagione della morte fosse stata la enorme quantità di lavoro che egli svolgeva giornalmente.

UN INCARICO STRANO

Alberto cambiò tono ed asserì che era d’accordo : viste le motivazioni di una lunga tradizione, il quadro doveva essere rimesso a posto ma, invece di rifare ex novo la cornice, egli pensava di smontare totalmente quella esistente e rimontarla dopo averla ben sistemata grazie alle potenti colle che potevano consentirgli di rimettere in sesto le varie parti magari aggiungendo qualche spezzone ricostruito con legno del tutto simile a quello preesistente .
La particolarità di tutto l’avvenimento e dei relativi discorsi era la vera ragione che aveva spinto Alberto in questa impresa.
Fin dall’inizio del suo intervento nel quadro egli aveva constatato più singolarità. Ad esempio la cornice non era stata rotta dalla caduta a terra ma semplicemente si era suddivisa perché il contorno ligneo a suo tempo era stato costruito, senza che si riuscisse a capirne la ragione, in modo da costituire una cornice smontabile essendo fatta in quattro pezzi ad angolo, ognuno dei quali fortemente fissato a quello adiacente da una forcella in tondino di ferro che si poteva estrarre facilmente facendo cambiare il quadro ma mantenendone la parte interna costituita dal dipinto su legno e dal vetro frontale collegati tra di loro da quattro viti che i quattro fori fatti a bella posta ai quattro angoli della lastra di vetro di grosso spessore,. In quel modo si poteva facilmente allontanare tutta la cornice dal resto dell’opera.
La curiosità di Alberto salì alle stelle avendo in mano queste quattro specie di leve lignee ognuna con propria fresatura superficiale assai strana. Al riguardo egli non finiva più di chiedersi il significato, la ragione di quella evidente combinazione fatta ad arte. A furia di osservare si accorse che tutte quattro le parti lignee alla loro estremità sagomata in diverso modo, una per una, sembravano leggermente consumate come se esse fossero state introdotte più volte in un foro che avesse una conformazione adeguata a riceverli e quindi una forma in negativo che corrispondesse esattamente a quella positiva della parte terminale dei pezzi di cornice lignea.

UNA VISITA ALLA SOFFITTA

A questo punto Alberto pensò di chiedere tutte le notizie che già la proprietaria fosse riuscita a rintracciare e di poter visitare la soffitta dove era stato trovato il quadro per controllare se poteva completare quella storia tradizionale nella quale era compresa anche la copia della figura riportata sul muro della soffitta.

La cosa che stupì fu il fatto che nel muro della soffitta fosse incollata una tela che aveva la stessa rappresentazione grafica del quadretto ed inoltre anche una scritta corrispondente tra quadro a muro e quadretto incorniciato, Quando poi Alberto scoprì he la scritta era ” COLLEGAMENTO” risultava esserci un chiaro nesso tra quadro incorniciato e quadro a muro, nesso di cui era logico in quel momento capire qualcosa do più
Alberto , spinto dalla grande curiosità, nonostante la proprietaria fosse nettamente contraria in quanto voleva soltanto la riparazione della cornice, fu deciso e volle osservare bene la situazione. Prima di farlo però si operò per conoscere a fondo la cornice che si divideva in quattro parti. In dettaglio si fece un disegno preciso di ognuno dei quattro elementi che costituivano la cornice. Anche in questo risultò una bizzarria. Infatti esaminati in sezione ognuno dei quattro elementi avevano una forma diversa da quello vicino ed in particolare una differenziazione in grossezza che , se nel primo elemento vi si riscontrava una misura superiore nel secondo era più basso per passare quindi a quello inferiore ed infine a quello sinistro, tutti via via più sottili.
Tutto questo doveva per forza avere una ragione precisa.
Una volta convinto di tutto questo Alberto, in sopralluogo, vide incollato al muro in pietrame alto circa 1,20 m un dipinto che assomigliava a quello rotto non solo per l’immagine dipinta che era analoga a quella del quadro stesso ma soprattutto per il nome “COLLEGAMENTO” che essendo esattamente uguale a quello del quadro rotto trovava conferma un nesso reciproco tra quadretto ed immagine a muro. Addirittura Alfredo si convinse che lo scopo di quel quadretto appeso al muro ,magari della cucina molto frequentata da tutti, indicasse chiaramente che occorreva esplorare anche l’altro quadro ugualmente chiamato “COLLEGAMENTO”.

Tutto questo condusse alla accentuata accuratezza del sopralluogo alla soffitta e Alberto, trovandosi davanti alla tela incollata al muro della soffitta, egli intravide la opportunità di poter togliere d’opera la tela incollata sulle pietre a faccia vista che costituivano il muro allo scopo di verificare immediatamente quello che c’era sotto e capire esattamente cosa rappresentasse il collegamento con il quadro rotto.

Utilizzando un liquido scollatore riuscì piano piano a levare tutta la tela e grande fu la sorpresa quando trovò che sotto la tela che misurava circa un quadrato con il lato di un metro e venti , si trovava una corrispondente superficie formata da un grosso tavolato di legno che ai quattro angoli aveva un dischetto di legno di circa tre centimetri di diametro quasi invisibile perché incastrato a filo con il grande pannello di legno. Sempre usando il liquido scollatore riuscì a togliere i dischetti mettendo in vista dei fori diversificati tra di loro ma che riconobbe subito corrispondere alle sezioni della cornice smontata.
Gli venne subito in mente che era in quei fori che era stata inserita più volte la cornice o meglio i quattro pezzi di cornice e guardando bene notò anche che al fondo di ognuno emergevano dei sottili tondini di ferro. Fu spontaneo dedurne che quei tondini spinti a fondo avrebbero liberato qualcosa che fissava quel grande pannello al muro e che quindi poteva benissimo trattarsi di una porta apribile. Egli si affrettò ad infilare i quattro pezzi di cornice che aveva con sé e premuti a fondo provocando immediatamente lo scatto di apertura del catenacciolino esistente Facendo poi ruotare in senso antiorario le quattro leve ad L ed ex cornice, dopo averle infilate su ognuno dei quattro angoli, riuscì a liberare la porta e ad estrarla dalla sua posizione. Finalmente venne in vista a l’interno di un poco profondo vano che però era pieno di banconote di antica carta moneta di cui si poteva dedurre si trattasse di quel vero e proprio tesoro di cui si parlava nella diceria tradizionale .

IL TESORO RITROVATO

Alberto con la procedura che aveva seguito ottenne un risultato ricercato infruttuosamente da molti anni.
Venne infatti a piena luce la vera interpretazione delle dicerie che vagavano per l’aria di casa da intere generazioni mentre la proprietaria arrivava a pensare di essere diventata molto ricca come aveva predetto quel suo antenato pittore.

La cosa si dimostrò in seguito poco veritiera perché quelle banconote erano assolutamente fuori corso da molti decenni e restò loro solo un piccolo valore numismatico che potè avere vendendo le banconote ma che era appena sufficiente per saldare il lavoro del corniciaio.

In realtà l’unico beneficio che provenne da tutto il lavoro descritto consistette nella constatazione che in quel frangente il orniciaio in questione era trasformato in un sagace investigatore, il quale, da bravo corniciaio, era riuscito a capire tutto l’arcano della cornice intelligentemente pezzata in quattro parti.

La morale è ben nota: inutile sperare in ricchezze favolose che piovono dal cielo,: non si tratta di ricchezze vere ma solo di immaginazione, di illusione : La ricchezza vera di tutti noi è un’altra che non occorre nemmeno nominare.