Il presente racconto è interamente frutto di fantasia. Eventuali raffronti con fatti veri sono puramente casuali non essendoci nessun riferimento a nessuna realtà di nessun paese italiano o estero.
INTRODUZIONE
In un paesino piccolo e senza alcuna risorsa economica, fatta eccezione per la modesta agricoltura locale, si presenta una persona di una tale antipatia da essere subito considerato il gradasso della più bella specie poiché non finiva più di insistere con tutti, anche se totalmente sconosciuti, nel descrivere i propri meriti in tutti i campi della vita umana e primo tra tutti quello di essere un grande industriale arrivato in paese per trasformare la pessima vita contadina, in fortunati dipendenti dalla grande industria cioè dalla sua che avrebbe logicamente e quanto prima costruito, sicuro come era delle proprie grandi capacità.
Fortuna volle che egli potesse approfittare della povertà locale per farsi regalare dal comune il terreno in cui poter edificare un edificio industriale ed oltre a questo avere il permesso, solo verbalmente perchè del tutto illecito, di scaricare le acque residue della sua futura industria direttamente nel corso d’acqua che attraversava il piccolo centro abitato.
L’IMPOSTAZIONE DELIQUENZIALE DELLA NUOVA INDUSTRIA
Costruita una piccola parte di quella grande industria, da lui magnificata in virtù della propria immeritata ed inesistente gloria, cominciò a organizzare la costruzione in serie di lampadari in ferro utilizzando una parte di giovani da lui stesso scelti con cura e intraprendendo, da quel disonesto che era, nelle decisioni fondamentali, un metodo da definirsi delinquenziale.
Infatti egli, scelto uno dei giovani promettenti assunti da tempo nella nuova fabbrica, lo consigliava, invece di continuare a lavorare alle sue dipendenze, a mettersi in proprio assicurandogli che egli stesso, da quel grande industriale che usava considerarsi, gli garantiva l’affidamento della produzione in serie di alcune della parti di lampadario che egli, tramite le sue industrie, avrebbe poi composto e rifinito ottenendo una quantità di lampadari notevolmente elevata .
Lusingati da queste premesse, effettivamente poste in pratica, alcuni giovani, dapprima in numero limitato ma poi aumentando di volta in volta, iniziarono a darsi da fare, all’inizio lavorando nei locali della stessa loro casa di abitazione e successivamente assumendo dei mutui bancari per costruire nel proprio terreno dei locali adatti allo scopo e poter così incrementare nella produzione di quelle parti di lampadario richieste dall’industriale. La cosa andò via via aumentando di volume ma ad un certo punto venne a galla la delinquenziale modalità di operare del personaggio fanfarone. Egli infatti ad ognuno di quei giovani intraprendenti, all’inizio affidava la costruzione di elementi in metallo in piccola quantità e con corresponsione assai remunerativa per il giovane mettendolo quindi nella condizione di entusiasmo per la nuova promettente attività con assunzione di nuovi prestiti dalla banca onde ingrandire lo stabile sulla base dei consigli dello stesso industriale e quindi con maggior capacità di produzione dei manufatti in ferro sempre per conto del solito personaggio. Da rilevare subito che i consigli dati al giovane sulle modalità da seguire nella esecuzione dei nuovi lavori edili e nella scelta del nuovo macchinario da installare, se in origine sembravano dettati dalla bontà dell’industriale nell’aiuto che così forniva al giovane, nella seguente realtà davano conferma invece della sua malafede volta alla delittuosa azione che, come vedremo, accadrà più avanti nel tempo.
Infatti ad un certo momento, cominciava a venire a galla il metodo delinquenziale dell’industriale il quale aumentava il numero di pezzi che il giovane poteva produrre ma ne diminuiva man mano il prezzo specifico da corrispondergli giustificandosi con il vertiginoso aumento di quantità di lavoro affidato e quindi di introito per il giovane stesso. Questa metodologia, notevolmente aumentata col passare degli anni, conduceva ad un risultato disastroso per il paese. Infatti l’industriale intensificava in continuazione il giro d’affari grazie all’aumentata produzione ma lo faceva esclusivamente a proprio favore diminuendo sempre di più il guadagno dei giovani subappaltatori tanto da mettere in seria difficoltà ognuno di loro e lo faceva, come vedremo, con il preciso scopo di impadronirsi totalmente dell’attività produttiva nel mentre il giovane imprenditore alla fine non riusciva più a coprire le spese per il pagamento del personale da egli assunto né quello delle rate di mutuo dovute alla banca.
L’INDUSTRIALE DIVENTA UNICO PROPRIETARIO DELLE ATTIVITA’ LOCALI
Al punto in cui si era giunti aveva luogo l’intervento dell’industriale il quale, approfittando della estrema necessità ed urgenza dei giovani imprenditori di reperire l’indispensabile denaro, finiva per acquistare, spendendo cifre fortemente stracciate, l’intera attività comprendendovi sia l’immobile appena costruito sulla base di sue indicazioni e sia il macchinario, spesso genialmente auto costruito dagli intraprendenti e bravi giovani. In quel modo l’industriale fanfarone diventava via via proprietario di una intera serie di piccole attività che però sotto la sua ferrea e molto esigente volontà e in un paese, composto da popolazione retta, laboriosa sia nel comportamento e sia nell’agire in tutto e per tutto, lo faceva notevolmente prosperare dal punto di vista economico ma anche diventare una persona odiata da quei paesani che fin dalla prima conoscenza lo avrebbero giudicato per quello che era veramente : un personaggio pieno di sé ed oltretutto gravemente scorretto.
Le cose andarono avanti per alcuni anni con l’industriale che aumentava sempre il suo benessere economico e l’estensione dell’industria mentre la gran parte dei piccoli imprenditori, sorti a seguito delle descritte scorrettezze del fanfarone, una volta ridotti al lastrico nel nuovo lavoro, erano tornati a fare gli operai lasciando il paese e dovendo emigrare dall’Italia per riuscire a coprire i debiti contratti. Rimanevano in posto solo un paio di nuove piccole industrie i cui titolari avevano capito per tempo come andavano le cose ed avevano iniziato ad agire in proprio producendo autonomamente dei lampadari di buona fattura con i quali riuscivano addirittura a fare la concorrenza al fanfarone. Questi finì per essere giudicato severamente e cioè per quello che era veramente. La sua industria comunque aumentava in continuazione di importanza, di valore economico e soprattutto nel reddito annuo.
IL DECESSO DELL’INDUSTRIALE
Ad un certo punto accadde un fatto grave: l’industriale fanfarone ebbe un infarto che gli provocò una morte repentina.
Il fatto in paese fece molto rumore soprattutto nelle dicerie in base alle quali le male lingue arrivavano ad una osservazione inammissibile come era quella che “la persona ha ricevuto quello che meritava“.
Nel cimitero del paese i parenti del defunto fecero allora erigere una cappella mortuaria degna dell’importanza predicata durante la propria vita dal personaggio. Nel cimitero locale l’opera brillava per la sua magnificenza sia all’esterno dove splendeva una struttura in finto stile classico e sia all’interno dove ogni loculo , ovviamente compreso quello dove riposava l’industriale appena defunto, era dotato di grandi lastre di marmo pregiato caratterizzato in ognuna delle quattro estremità angolari da una struttura in bronzo per il fissaggio dei vari elementi, molto vistosa e e di ottima funzionalità.
Anche quella cappella diede modo di malignare in quanto la gente comune asseriva che perfino da defunto il personaggio dimostrava la sua natura di fanfarone con perpetua enfasi di grandezza.
IL FURTO DELLA BARA
Passata una annata dal funerale, un bel giorno accadde un altro fatto straordinario. Per terra davanti alla cappella in argomento si notarono dei rottami edilizi mentre all’interno il loculo dove riposava l’industriale era stato manomesso e si trovava aperto e tragicamente vuoto : qualcuno aveva rubato, asportato la bara del defunto nascondendola chissà dove. Questo, si andava malignando in paese , era l’azione di qualcuno che aveva agito per vendetta verso la persona che aveva sparso in comune ogni possibile imbroglio specialmente verso la popolazione giovanile. La cosa fece molto scalpore e ne discussero anche i giornali precisando che nonostante le molte ricerche fatte dai famigliari non si riusciva a ritrovare la salma procurando agli stessi parenti un vero dolore nel mentre non ci si dava pace per la gravità del gesto.
Il fatto diventava sempre più complicato e deprimente per la famiglia del defunto In paese ci si domandava quale poteva essere stato lo scopo di aver nascosto in questo modo una bara con il morto al suo interno ritenendo l’evento veramente intollerabile. Va bene odiare una persona, va bene voler vendicarsi su un morto ma ad un certo punto la cosa sembrava veramente esagerata.
Un brutto giorno uno dei parenti é improvvisamente uscito con il dubbio atroce di un vero delitto che non riusciva ad allontanare dalla mente, che lo che tormentava giorno e notte senza posa. “Io mi sono messo in mente che non siano andati lontano ma che abbiano trasportato la bara del nostro caro defunto, lì vicino nei campi appena fuori del cimitero ed in una notte, quando nessuno vedeva, siano arrivati al punto di fare un grande falò alimentato con delle frasche di legno secco ed annientando, con poca fatica, tutto, tutto, anche le prove di tutto il bene compiuto dal defunto nella sua vita. E noi che avevamo fatto costruire una cappella mortuaria così bella e così costosa per dargli la gloria che si meritava, se fosse vero che lo hanno distrutto con il fuoco, ora non potremmo mettere più nulla lí dentro”.
Peggio di questo, per i parenti dell’industriale defunto, non poteva esserci nulla.”
Quello che si poteva ancora fare era parlare con gli ex dipendenti che avevano venduto la loro azienda prima che fallisse. Venne fatta una ricerca richiedendo a loro se potevano dare qualche indicazione visto che ormai la cosa era abbastanza maturata per poterla mettere in luce rivelando dove poteva essere stato trasportato il defunto. Bisogna dire che gli interpellati si sentirono offesi per tutto quello che era loro capitato e che ora continuava nella maniera peggiore ponendo in dubbio perfino la loro onestà e correttezza arrivando al punto da pensare che potessero essere loro stessi gli autori del furto del cadavere.
L’INCARICO AD UN INVESTIGATORE
I parenti ritennero che non restava altro da fare che dare l’incarico ad un investigatore per trovare la salma rubata.
Questi stava iniziando le ricerche quando pensò di chiedere se c’era assoluta certezza che gli altri loculi della cappella famigliare fossero veramente vuoti come risultava dalla mancanza di scritte e di nomi sul loro fronte. Quando venne a sapere che nessuno aveva messo in dubbio la cosa, l’investigatore fece immediatamente togliere la lastra di chiusura di tutti i loculi per fare quella verifica considerata il primo accertamento da effettuare per un buon svolgimento dell’incarico ricevuto.
Fu grande la sorpresa quando l’investigatore poté constatare che la ricercata bara non era stata né rubata e né bruciata o portata chissà dove e comunque non al di fuori del cimitero ma che essa era stata semplicemente spostata in altro loculo della medesima cappella manovrando gli specifici e funzionali accessori che fissavano le lastre marmoree di chiusura.
Il fatto fece ancora una volta molto scalpore non solo per la dabbenaggine di non aver provato subito ad aprire i loculi quanto invece per la conferma del giudizio corrente: Si era veramente in presenza di personaggi che avevano sempre messo in primo piano lo sfoggiare qualità inesistenti ed in definitiva che l’industriale per primo ed a seguire tutto il parentado altro non erano che un insieme di fanfaroni.
In realtà qualcuno del paese aveva voluto ripagare bonariamente i gravi torti ricevuti a suo tempo dimostrando l’astuzia dei giovani sfruttati ingiustamente e, di converso, mettendo in risalto la dabbenaggine che l’industriale fanfarone continuava a dimostrare anche dopo morto.