INTRODUZIONE
La storia narrata inizia nell‘anteguerra. Nei paesi del Veneto aventi meno 5000 abitanti si vive di quella poca agricoltura presente non esistendo nessuna attività né artigianale né industriale.
Per le strade ogni settimana passa un carretto con il suo conduttore che urla a voce piena “strasse, ossi e fero vecio”. Il significato italiano sarebbe “ stracci, ossa e ferri vecchi ”. In altri termini quella persona campa con il ricavato della sua raccolta, di famiglia in famiglia, di tali poveri oggetti sui quali occorre una precisazione riguardante in dettaglio la parola ossi. Tale termine oltre a riferirsi direttamente alle ossa degli animali che rimangono sui piatti a fine pasto, comprende anche una altra tipologia di elementi e precisamente i noccioli delle pesche che in dialetto venivano chiamati ossi. Occorre precisare che in quei tempi nelle zone dell’Italia settentrionale e quindi anche nel Veneto dove si svolge la storia, le mandorle dolci, con le quali oggi si usa fabbricare il il torrone, non venivano coltivate perché incompatibili con il clima locale . In quegli anni tale dolce veniva fatto proprio con i noccioli delle pesche. Se ne ricavava un torrone di sapore molto intenso, buono e forte. Nelle case venivano quindi conservati gli stracci e i noccioli delle pesche per essere poi venduti a quell’ambulante dal quale non si percepiva che qualche spicciolo di lira.
Se ai nostri giorni si approfondisce la caratteristica dei noccioli di pesca si riscontra che essi sono addirittura velenosi.
Ecco la spiegazione :
Il seme all’interno del nocciolo della pesca, chiamato anche armellina è velenoso perchè contiene una piccola quantità di cianuro o, per essere più precisi, di amigdalina. L’amigdalina è una composto formato da cianuro e zucchero considerata un glucoside cianogenico, ovvero in grado di liberare l’acido cianidrico nel nostro corpo. Perchè questo avvenga occorre che il seme venga masticato.
Poichè tutto questo corrisponde sicuramente a verità, si può logicamente concludere che la ragione della bassa durata media della vita umana ai tempi della nostra storia era dovuta anche ed a chissà quale serie di elementi velenosi, di cui il nocciolo di pesca è un campione valido, che erano compresi nella normale alimentazione quotidiana.
C’é un elemento ancora più caratteristico nella raccolta di strasseossi ed era quella dei residuati bellici della prima guerra mondiale. I ragazzi che cercavano disperatamente il modo per guadagnare qualche soldo essendo ben a conoscenza delle lunghe battaglie che si erano svolte soprattutto nelle montagne attorno ai loro paesi, riuscivano a rintracciare molti pezzi di ferro, chiamati “scaie” e provenienti dallo scoppio delle bombe sparate dai cannoni durante la prima guerra mondiale. Conoscevano molto bene le zone di combattimento segnate ancora da buche a forma di cono rovescio a suo tempo provocate dagli scoppi, da lunghe trincee scavate in terra ed in roccia e piccole gallerie anch’esse roccia dove i soldati tentavano di salvarsi dai proiettili che venivano sparati dai fucili ma soprattutto da grossi cannoni in quelle zone. I giovani di cui si è detto, scavando a mano, riuscivano a ricuperare ricchi giacimenti di parti di bomba e spesso anche delle bombe inesplose. Questo materiale per un lungo periodo costituiva un rifornimento prezioso sia per i ragazzi e sia per Strasseossi. Il ritrovamento di bombe inesplose anche di grande diametro e peso, che accadeva di sovente, veniva considerato un piccolo tesoro per la grande quantità di ferro ricuperato. Ma sussisteva un’azione molto pericolosa che i ragazzi avevano il coraggio, del tutto illegalmente, di eseguire: svitare la punta della bomba per togliere il percussore e la cartuccia esplosiva che al momento dell’impatto con il suolo avrebbe dovuto provocare lo scoppio della bomba. Alcune volte, a causa della morbidezza del terreno in cui cadeva oppure di veri e propri difetti costruttivi, il percussore non funzionava e la bomba si infilava nel terreno e restava lì sotto il terreno ancora piena del pericolosissimo esplosivo ma soprattutto della cosiddetta spoletta la quale non aveva svolto affatto il suo compito che era quello di far scoppiare tutto il rimanente ed in grande quantità, esplosivo. Ebbene alcuni ragazzi avevano il coraggio di svitare una parte della bomba ed estrarre la spoletta e l’esplosivo per rendere innocuo l’oggetto. In qualche caso si sono avute vere e proprie tragedie con la perdita di mani e braccia e , alcune volte anche dell’intera vita
L’operazione di svitamento avveniva con martello e scalpello necessari per fare i primi giri di vite. Trattandosi però di bombe che erano rimaste per decenni sotto terra e quindi ormai arrugginite, lo svitamento era molto difficoltoso e qualche volta, come detto, provocava risultati disastrosi.
Nel primo dopoguerra apparvero dei dispositivi cerca-metalli magnetici con i quali si riusciva a localizzare sotto il suolo residui bellici anche ad un metro ed oltre di profondità con conseguente grande aumento della ricerca e di copiosi frutti.
Tutto questo rifiorire di ricerca ebbe come conseguenza un notevole miglioramento economico del nostro “Strasseossi” che riuscì a portare avanti decorosamente la famiglia continuando in quello che all’origine offriva solo risultati molto modesti. Aveva tre figli, tra i quali l’ultimo, Gianluigi, il maschio della bella covata, aveva passione per il lavoro del padre ma soprattutto ammirava in lui un modo di comportarsi in famiglia ed anche fuori, orientando tutti verso l’aiuto reciproco, il compiere il proprio dovere mettendo tutto l’impegno in ciò che riguardava conoscenza, intelligenza e correttezza.
IL FIGLIO GIANLUIGI PROSEGUE L’ATTIVITA’ DEL PADRE
Finita la scuola ed ottenuto il diploma di ragioniere, Gianluigi pensò subito di mettere in atto le sue idee.
Il padre allora non faceva più il rigattiere ma riusciva a vivere della modesta pensione che si era procacciato iscrivendosi all’INPS come artigiano ed approfittando delle leggi che allora premiavano coloro che intraprendevano tardivamente delle nuove attività come aveva fatto proprio lui.
Gianluigi un giorno disse al papà che, volendo continuare proprio il suo lavoro, aveva preso in affitto un capannone con una grande corte cominciando a pubblicizzare, sia pur in maniera del tutto accidentale, la sua nuova attività di raccolta dei rottami metallici cioè iniziando un lavoro, con sede e punto di raccolta fissi, che in quei tempi era del tutto nuovo. Molto contento del primo e promettente impegno, il papà seguiva da lontano l’operato del figlio, lo approvava dentro di sé e provava una grande soddisfazione da questo prolungamento del lavoro con il quale egli, sia pur con risultati modesti, aveva potuto comunque provvedere al sostentamento della famiglia.
IL SUCCESSO DELL’ATTIVITA’
La pubblicità Gianluigi la faceva visitando personalmente le piccole industrie che nel veneto cominciavano a nascere e proponendo una modalità che egli stesso aveva inventato : lasciare in uso gratuito dei cassoni in ferro, che si era costruito con le proprie mani, nei quali gli industriali potevano depositare i rottami di piccolo volume come ad esempio i residui della tornitura di parti metalliche, quelli di taglio di lamiere in ferro , in ferro zincato oppure in rame, con l’impegno reciproco che, quando la ditta comunicasse ad aver accumulato abbastanza volumi di residui sia piccoli e già depositati nei cassoni e sia più grandi lasciati all’aperto in cumuli, egli provvedeva a ricuperare il tutto pagando i rottami con prezzi di cui avrebbe trasmesso e discusso la lista man mano che il suo lavoro sarebbe avanzato di importanza.
Gli affari cominciarono subito a progredire e Gianluigi poté ottenere un mutuo in banca per approvvigionarsi di un autocarro. In commercio cominciarono anche ad apparire delle robuste presse le quali consentivano di comprimere un cumulo di oggetti di qualunque qualità e non solo cartoni, plastica o materiale legnoso ma anche metalli di diversa durezza e ad impacchettarli in vari blocchi a forma di cubo, assai facile da trasportare e che soprattutto aveva il vantaggio di occupare piccoli spazi sia nei piazzali e sia sui cassoni dell’ autocarro durante il loro trasporto. Gianluigi, molto attento a queste novità si munì subito di una di quelle robuste presse migliorando notevolmente il lavoro. Ed era nella operazione di cernita dove eccelleva Gianluigi in quanto aveva la pazienza di accumulare ordinatamente anche parti metalliche di difficile suddivisione come ad esempio gli avvolgimenti in rame, l’ottone spesso di entità singola molto modesta ma le quali, col passare del tempo di cernita, finivano per rappresentare delle ottime merci per essere poi consegnate alle fonderie con un discreto vantaggio economico.
Il papà andava spesso a fargli visita. Dopo aver scambiato quattro parole con il figlio, si fermava a lungo a passeggiare nella zona di lavoro dove si compiaceva a guardare i cumuli di un materiale che lo commuoveva profondamente. In realtà il materiale che vi si trovava era lo stesso di quello che egli per anni ed anni aveva raccolto strada per strada all’urlo di strasse-ossi e ferrovecio ma con una diversità così evidente da farlo restare a bocca aperta e con mille pensieri molto piacevoli. Allora davanti agli occhi gli appariva il suo carretto con dentro delle ossa di animali, degli stracci consumati e sporcati da un uso indefinitamente lungo delle donne di casa per pulire i pavimenti, inginocchiate per terra, per spolverare il povero mobilio delle case e per pulire quattro pentole di rame. Ma quello che lo commuoveva di più era un piccolo reparto con i noccioli di pesca che lí non figuravano affatto perché nessuna pasticceria li usava più per il torrone.
Nel deposito di Gianluigi, che a quel tempo avveniva nel cortile del capannone, si trovava di tutto: catene di ferro, biciclette rotte, pentole di rame, motori elettrici ecc. ed ogni elemento sembrava raccontare la storia della sua lunga vita. Poi il tutto, suddiviso a seconda della sua qualità, veniva passato alla pressa e con un grande fracasso veniva offeso nella sua consistenza fisica ed anche nella sua ragione di vita da una forza immane che lo schiacciava cosi fortemente da ridurlo ad un concentrato di pezzi compenetrati uno nell’altro così fortemente da non poterli più riconoscere. Ne derivavano dei grandi cubi regolari e facili da trasportare ed ognuno contenente le storie più tormentate e lunghe che la mente del vecchio potesse immaginare. Egli era un solitario osservatore che non aveva contributo per nulla a trasformare i mille oggetti, che molto prima avevano svolto importanti compiti in forme molto regolari ma tristemente indicative della distruzione, nell’annullamento violento di una vitalità e di una originale robustezza. Al vecchio sembrava la morte di una miriade di cose allo scopo di formare anonimi cubi regolari ma che, nella realtà, preludevano effettivamente ad una loro nuova vita tramite le fonderie che avrebbero dato nuova vita al materiale di Gianpietro riconoscendogli il giusto prezzo. Tutto questo lo commuoveva ed affascinava nello stesso tempo poiché si rendeva conto che era quella tutta la fattiva opera di suo figlio.
Tra gli altri pensieri che balenava in testa sussisteva quello, molto positivo, che non esisteva più la possibilità che si trovassero bombe inesplose come era a suo tempo accaduto. Allora immaginava , ben sapendo trattarsi di pura fantasia, quale sarebbe stato l’effetto provocato a suo figlio al momento in cui si fosse trovato a schiacciare con la violenta pressa una vera mina com’erano quelle bombe: la cosa gli faceva venire i brividi. Allora rivolgeva verso il cielo i ringraziamenti per l’ottimo lavoro che invece era capitato di svolgere adesso a suo figlio .
UNA ESCLUSIVA DI GIANLUIGI
Gianluigi ad un certo punto girando tutte le varie le nuove industrie, ebbe occasione di scoprire la nascita di un nuovo tipo di lamiera ramata che avrebbe potuto rappresentare un grande interesse per tutti gli artigiani che costruivano oggetti in rame come vasi, lampadari, contenitori , ecc.. Questo tipo di materiale poteva benissimo essere usato al posto della lamiera di rame massiccio : i vasi o gli oggetti una volta finiti avevano uno scarso valore se confrontati con quelli di rame puro, però sembravano proprio di rame ma ad un costo molto più basso che favori un ampio consumo del tipo di lamiera di cui Gianpiero aveva l’esclusiva per l’Italia. Il fatto rappresentava un grosso introito economico che gli permise di ottenere un altro mutuo dalla banca e quindi acquistare un’area molto ampia sulla quale costruire un capannone studiato in modo da poter svolgere bene il suo lavoro di cernita e di compattazione con pressa dei vari metalli .
LO SMALTIMENTO DELL’OLIO ESAUSTO
Un altro materiale che comprese nella sua raccolta è stato l’olio esausto. Le industrie avevano difficoltà a conservare e quindi trasportare il liquido nei punti di raccolta. Gianpietro nel suo autotreno aveva fissi un paio di serbatoi in vetroresina dove durante il tragitto di raccolta e trasporto del materiale ferroso poteva anche raccogliere tale olio per provvedere poi allo smaltimento secondo le prescrizioni di legge.
L’esclusiva della lamiera ramata gli dava sempre un grande vantaggio economico però Gianluigi capiva che non era il suo il modo giusto di condurre un’attività come quella che svolgeva lui. Era invece entrato in un campo, molto redditizio, ma che egli non amava affatto in quanto prediligeva con tutto sé stesso quei lavori per i quali doveva mettere tutto il suo impegno nel mentre considerava quell’esclusiva di vendita quasi quasi un vantaggio ingiusto in quanto tutti coloro che ne avevano bisogno dovevano per forza rivolgersi a lui che ne aveva l’esclusiva.
Nel suo animo serpeggiava un dubbio: quale può essere la strada giusta da seguire? Mettere il suo impegno nel lavoro che prediligeva oppure in quello che rendeva molto denaro? Restò per un lungo tempo nel dubbio non riuscendo proprio a prendere la decisione definitiva . Chiedeva a sé stesso se doveva abbandonare quello che aveva sempre svolto con passione e invece dedicarsi interamente alla esclusiva di materiali particolari come era la lamiera ramata che stava ottenendo risultati economici clamorosi.
Suo padre fungeva sempre da consigliere prudente ed arguto e lo fece ragionare : devi scegliere non tanto ciò che ti premia dal punto di vista economico ma invece da quello che ti dà soddisfazione del lavoro che svolgi con la tua testa e con le tue mani.
Egli teneva molto in considerazione i consigli tanto da convincersi che avrebbe continuato a dare tutto se stesso alla sua attività del cuore e cioè alla raccolta dei residui metallici ma nello stesso tempo non avrebbe lasciato l’esclusiva delle lamiere ramate, semplicemente ne avrebbe fatto seguire tutte le vendite da parte di un’impiegata assunta con quell’incarico specifico, svolto comunque con la sua supervisione.
Suo padre, benché molto anziano lo seguiva da lontano ed assisteva, tutto contento al continuo incremento di lavoro. Un giorno lo coinvolse direttamente in una discussione. Secondo il papà, Pierluigi non poteva continuare con una mole così vasta di lavoro e gli ricordò il primo inizio del suo impegno quando gli aveva raccomandato prudenza in base alla quale ad un certo punto ogni persona deve fermarsi e non proseguire troppo nella propria attività ma limitarsi e concedere parte del suo tempo alle cose importanti come la famiglia, la cultura ed anche i divertimenti quelli belli nel vero senso della parola.
Gianluigi riflettè a lungo e quindi apprezzò lui stesso il genitore. Entro di sé così ragionava: secondo mé non è giunto ancora il momento della sosta. Attualmente ho mezzi e personale adeguati alla raccolta, al trasporto, alla cernita ed alla compattazione del materiale metallico che mi viene recapitato in misura sempre crescente. Quello che mi manca è soltanto lo spazio di lavoro diventato assolutamente insufficiente. Mi resta solo da decidere tra due soluzioni : Trasferirmi in altro posto più ampio con tutti i pregi i e le preoccupazioni che questo comporterebbe oppure aumentare lo spazio li dove mi trovo. Io credo che quest’ultima sia la scelta giusta e quindi sono qui a chiedere il tuo parere.
Il padre non solo si dichiarò subito favorevole alla soluzione scelta ma aggiunse anche che aveva capito nella sua interezza tutto il programma del figlio. Anticipò al padre questo detto: Se Maometto non va alla montagna sarà la montagna a venire a Maometto.
Da quel momento Gianluigi rifletteva sempre sulle parole del suo papà : il tuo lavoro deve svolgersi in maniera semplice senza complicazioni, senza trasporti di una merce come il metallo scartato il cui valore è basso in rapporto con il suo notevole peso che, di contro, presenta notevoli difficoltà di spostamento e di lavorazione. Tutto questo portava ad una unica conclusione: era necessario trovare nuova area di lavoro sia coperta che scoperta. Ancora una volta il padre aveva ragione ed era questo che egli sosteneva ma ciò significava prendere una decisione drastica che fu quella non di spostare l’attività in uno spazio più grande ma invece quella di raddoppiarsi creando una organizzazione identica a quella che di per sé funzionava bene , ma con la particolarità di svolgersi altrove ed in località opportuna per una clientela più larga. nuova e che andava ad aggiungersi a quella esistente di cui sfruttava tutte le qualità e le esperienze positive ed a lungo sperimentate.
L’APERTURA DI UNA NUOVA SEDE
Anche il padre era pienamente d’accordo e venne fatto così. Ottenuto un mutuo con la banca si provvide ad una nuova area costruendovi un nuovo capannone e, praticamente, raddoppiando, dopo averne migliorato alcune particolarità, esattamente l’insieme già esistente sia in fatto di beni immobili e sia nei macchinari e tutte le attrezzature esistenti. A costruzione finita e nuova attrezzatura già approvvigionata e collaudata, Gianluigi pensò anche al personale e tramite inserzione giornalistica e colloqui personali con alcuni concorrenti, fece seguito con l’assunzione di un bravo ed intraprendente giovane geometra che si impegnò ad assumersi la responsabilità e addirittura l’esecuzione materiale della raccolta fatta personalmente e quindi nel modo del tutto analogo a quello che il proprietario faceva nella organizzazione originaria di in piena attività. La prospettiva si presentava ottimamente in tutti i sensi e fu completata dall’assunzione di una giovane ragioniera per la tenuta della contabilità e del lavoro d’ufficio. Così iniziò la gestione del nuovo spazio di di raccolta residuati metallici ed olio esausto. Nei primi mesi Gianpietro seguì giornalmente la nuova attività che, del resto, doveva svolgersi in maniera identica a quella precedente che comunque proseguiva anch’essa del tutto normalmente.
Il padre, sempre molto accorto continua a seguire il lavoro del figlio ed un giorno gli chiede come andava la nuova iniziativa. La risposta non potè essere che questa. Papà tutto quello che posso dirti è che l’insieme delle due attività continua ad andar bene ma non posso sapere in dettaglio i risultati separati dell’una dall’altra in quanto in realtà si tratta di un solo impegno che riguarda due diverse sedi ma che è unico e quindi difficile da esaminare separatamente anche perché le due diverse attività sono interessate da un continuo andirivieni di materiali residui in cumuli entranti mentre l’uscita dei cubi metallici dalla pressa hanno date sempre diverse e quindi non risulta possibile effettuare statistiche singole sede per sede . È stato facile per il vecchio constatare come ci sia un univoco mezzo per fissare dei punti precisi atti ad evitare tale inconveniente. Ciò che occorreva instaurare era la sistematica esecuzione del bilancio fissando un giorno ben definito nel quale fermare tutto per una giornata il lavoro e fare l’inventario esatto di quel momento tenendo separati le due aree di lavoro. Il figlio trovò tanto giusta l’osservazione da stabilire un giorno preciso di inventario da farsi semestralmente.
Il lavoro continuò per un paio di anni in pieno e con un buon successo. I bilanci davano un’idea precisa dei risultati economici però mentre nel periodo iniziale denunciavano un costante aumento degli introiti nella seconda sede ad un certo punto sorsero dei problemi. Uno dei controlli che venivano fatti a fine semestre in occasione del bilancio era relativo anche al movimento del materiale metallico che in arrivo risultava composto da cumuli mentre in uscita era a conformazione di grossi cubi metallici formati dalla pressa. Però i due quantitativi totali, che tra di loro avrebbero dovuto per forza essere di peso totale corrispondente, non essendo mai prevista nessuna utilizzazione in posto del materiale metallico. In sostanza quello in uscita doveva essere sempre lo stesso peso totale entrato essendo variata soltanto la suddivisione in funzione della tipologia senza possibilità di cambiamento del peso totale movimentato nel semestre. Ora, mentre sussisteva buona corrispondenza per i movimenti della vecchia sede dove lavorava Gianpietro, tale coincidenza non si verificava affatto nell’altra sede dove risultava in entrata un quantitativo costantemente superiore di quello uscito. La cosa risultava praticamente inconcepibile ed egli si domandava ma : se tutto il movimento merci è documentato dalle fatture come può essere che esca dal cancello meno materiale di quello che vi era entrato? Nasceva in Gianpietro un dubbio atroce di qualche imbroglio di cui non riusciva a trovare la modalità . La determinazione e la registrazione del materiale sia in uscita che in entrata aveva luogo nella medesima procedura: quando arrivava l’autotreno carico veniva pesato dal sistema automatico della pesa a ponte e inoltre di ogni cassone scaricato veniva nello stesso modo determinato il peso lordo e quello netto. Quest’ultimo poi era oggetto di regolare fattura nella quale figurava prezzo e peso. La somma di tutti i chilogrammi fatturati doveva coincidere, a meno di approssimazioni minime, al totale netto del materiale comprato e pesato al momento di arrivo. La stessa procedura veniva seguita per i cubi di materiale compresso in uscita. Ovviamente il totale in uscita doveva corrispondere a quello entrato. Il fatto che venisse a mancare molto materiale in uscita dava da pensare che qualche balla compressa venisse fatta uscire abusivamente dal cantiere di lavoro per essere venduta in nero, cosa veramente impensabile. Gilberto non riusciva ad immaginare chi potesse aver interesse a comprare quel materiale che non poteva trovare nessuna utilizzazione pratica viste le difficoltà che ne sarebbero sorte nel districare un solo pezzo dal cubo compresso dalla pressa, a chiunque sarebbe costato meno comprare quel materiale nuovo da qualunque rivenditore a prezzo pieno:in ogni caso quei cubi potevano solo finire in fonderia!.
Gianluigi provò ad immaginare un trucco possibile nella prima funzione cioè quella di arrivo in sede. In questo caso non riusciva a capire in che modo e per qual motivo qualcuno avesse interesse ad aumentare oltre alla realtà la quantità di materiale che veniva pesato al momento del suo arrivo.
Di fronte allo sconcerto che provava Gianluigi decise di ricorrere all’opera d’un investigatore che riuscisse a chiarire il mistero: Artemisio.
L’INCARICO AD ARTEMISIO
Artemisio per prima cosa si fece spiegare bene le procedure seguite nella lavorazione e nello smaltimento del materiale. L’investigatore, per prima cosa, seguì attentamente il lavoro di cernita e di compressione, ammirando la notevolissima riduzione di ingombro che aveva luogo con la compressione. Poi fece molto caso al fatto che l’attività, oltre alla cernita e compressione dei materiali metallici, aveva anche un altro tipo di recupero ed era quello dell’olio esausto. Quello che notava in particolare era il fatto che Gianluigi ne parlasse raramente quasi come fosse impossibile che il trucco si trovasse proprio lí e cioè nel settore meno importante e meno considerato . Artemisio, come fa sempre in tutti i casi che affronta, prestò molta attenzione a quel particolare di secondaria importanza avendo più volte constatato che il nocciolo delle vicende tarda a venire scoperto proprio perché si annida nei dettagli secondari. Si fece quindi spiegare bene come avveniva il recupero di quel tipo d’olio . Gli venne indicato che si trattava di un fattore secondario in quando l’olio veniva accolto direttamente dall’autista del camion che, al momento della necessità si faceva consegnare il recipiente ( di solito molto piccolo) che il cliente aveva riempito e provvedeva personalmente a riversarlo nei due serbatoi in vetroresina da 1000 e da 250 litri che si trovavano nel camion. Nella ispezione che fece al mezzo di trasporto volle approfondire proprio tutto quello che riguardava la raccolta d’olio. Sull’autotreno si trovavano i due serbatoi in vetroresina con un ampio boccaporto che egli si fece aprire per osservare l’interno ovviamente con le pareti che portavano un vistoso segno del materiale oleoso che era destinato a contenere. In dettaglio le pareti erano ancora grondanti dall’ultima partita di olio che avevano contenuto. Notò anche che i due serbatoi erano muniti di lunghe tubazioni in gomma allacciate allo scarico sito nella parte più bassa di ognuno dei due cilindrici serbatoi in quanto destinati allo scarico dell’olio che avveniva semplicemente con l’apertura della saracinesca posta alla fine del tubo di gomma.
Visto e considerato che le discrepanze notate si riferivano alla seconda sede di Gianluigi, Artemisio pretese di effettuare un analogo sopralluogo anche alle attrezzature di tale localizzazione . Avvertito telefonicamente il geometra che vi lavorava, Artemisio ripetè tale e quale il procedimento di conoscenza fatto davanti a Gianpietro.
Il giorno dopo Artemisio telefonò a Gianpietro comunicandogli che riteneva di avere già capito l’intreccio e aveva bisogno di parlarne direttamente con lui.
Nell’incontro Artemisio comunicò che la malversazione , poiché di questo si trattava, secondo lui aveva luogo durante il viaggio di rientro in sede dell’autotreno carico di materiale ma che, per avere conferma di quella che era soltanto una supposizione, aveva bisogno di seguire passo passo alcuni viaggi dell’autotreno della seconda sede. Visto che non gli egli non poteva seguire tutti i percorsi ed inoltre, considerato che la cosa avrebbe dovuto essere ripetitiva per un solo soggetto, aveva bisogno di scegliere tra tutta la clientela quelle ditte che, ad avviso di Gianpietro, sembravano le più suscettibili di malversazioni. A giudizio dell’impresario erano due i nomi (AA e BB) ed egli si impegnò di fornire ad Artemisio le prossime date nelle quali ne era prevista la raccolta in quelle due posizioni.
Artemisio si mise in macchina, in guardia ma non visto in prossimità della ditta AA. Quando vide uscire l’autocarro della ditta di Gianpietro lo seguì in automobile da lontano notando che per tornare in ditta il camion seguiva una strada diversa da quella diretta e, stranamente, si recava in una piccola frazione con poche case di alta collina ma dove c’era una fontana monumentale a getto continuo con molta portata d’acqua potabile. Il geometra si fermò lí vicino ed estrasse dal cassone del camion l’estremità del tubo di scarico di uno dei due serbatoi di raccolta olio. Aperta la saracinesca terminale infilò il tubo fi gomma nel getto della fontana e per metterlo a tenuta lo fasciò stretto stretto con una lunga striscia di gomma che poi fissò con uno cordicella anch’essa avvolta attorno al tubo in ferro della fontana. Fatto questo salì sul cassone per controllare il riempimento del serbatoio. A questo punto Artemisio aveva svelato l’arcano e se ne andò via. Era chiaro che l’accumulo di 1000 litri d’acqua, al successivo momento della predeterminazione del peso del l’autotreno sulla pesa a ponte, avrebbe significato, la presenza di ben una tonnellata di ferro presente in più nel camion nel mentre si trattava dell’acqua potabile che il geometra provvedeva poi a scaricare nella fognatura. L’investigatore fissò subito un appuntamento con Gianpietro cui consegnò la sua relazione nella quale spiegava come egli fin dalla visita alla sede secondaria si era accorto che la raccolta dell’olio esausto veniva fatta con il serbatoio piccolo mentre quello da 1000 litri era evidentemente riservato ad un carco di una tonnellata d’acqua la quale, evidentemente in accordo delinquenziale con il titolare della ditta AA consentiva di fatturare ben una tonnellata di materiale ferroso in più del quantitativo reale il che costituiva una truffa organizzata e perpetrata a danno di Gianpietro .
Artemisio consigliò Gianpietro di effettuare quanto prima un sopralluogo ed alla presenza di un testimone constatare l’esistenza di residui di acqua potabile nel serbatoio più grande che avrebbe dovuto invece avere tracce d’olio. Lo consigliò quindi di risalire al peso totale di materiale metallico che gli era venuto a mancare da tempo onde poter essere rimborsato dai due che avevano architettato la truffa.
In questo racconto ciò che risalta oltre alla consueta bravura di Artemisio risalta anche il buon senso del vecchio padre che aveva considerato la necessità di fissare un punto preciso di ogni frenetico lavoro per fare il punto preciso della situazione. Vien da concludere che questa sosta, questa messa a punto esatta sarebbe una buona regola da adottare anche ella vita di ognuno di noi: fermarsi per un giorno e riflettere a fondo sulla propria vita.