INTRODUZIONE
La vicenda si svolge nel primo dopoguerra.
Gino aveva una vecchia zia che abitava nella sua stessa cittadina in appartamento al secondo piano di una via centrale composta da vecchie case l’una attaccata all’altra. Lei era nata in quella casa, non si era sposata e aveva fatto sempre lavori umili soprattutto come domestica in casa di famiglie benestanti con uno stipendio che le era bastato per condurre serenamente la sua semplice vita e, nel periodo della nostra storia, di continuare sempre nello stesso modo usufruendo della piccola pensione che le spettava per il lavoro svolto per lunghi anni. Il suo magro bilancio economico era organizzato in modo ad riuscire a continuare il suo menage e senza alcuna possibilità di spese straordinarie di nessun tipo ma restando sempre contenuto entro quella magra pensione.
LE SPESE STRAORDINARIE
Gino ogni tanto andava a trovare la zia e le lasciava qualche piccolo contributo in denaro con il quale la zia riusciva a provvedersi di alcune cose da lei considerate straordinarie in quanto se non fosse stato per quelle piccole sovvenzioni di Gino avrebbe dovuto rinunciare anche a quello che lei considerava una spesa che esulava dalle sue possibilità. Ciò che considerava un vero e proprio vizio, era bersi mattina e sera una tazza di caffè spesso offerta anche alle sue amiche che venivano a trovarla ogni settimana facendo aumentare quella spesa straordinaria non solo dovuta al maggior spesa di acquisto del caffè in polvere ma anche per la maggiorazione della bolletta per la corrente elettrica che lei teneva sempre sotto controllo e quindi constatando che la maggior frequenza dell’incontro con le amiche, accompagnato sempre da un buon caffè, lo faceva accrescere in maniera apprezzabile. La motivazione era dovuta alla procedura usata per quei caffè estemporanei in quanto, non potendo usufruire del fuoco della cucina economica funzionante a legna per fare il mangiare, come faceva quando era da sola, la presenza estemporanea delle amiche la obbligava ad usufruire di un piccolo fornellino rotondo e funzionante con la corrente elettrica.
Quando Gino andava a trovarla e le lasciava il solito piccolo obolo, lei lo ringraziava molto e gli raccontava che era quella cifra a consentirle il suo piccolo vizio di bere il caffè con le amiche in periodi che esulavano dalla quotidianità e la obbligavano, come detto, al consumo straordinario della corrente elettrica .
L’INTEVENTO DI GINO
Un bel giorno Gino, sporgendosi dalla finestra della cucina che dava nella via principale della cittadina, si accorse che proprio sotto la finestra della zia ad paio di metri più in basso, correvano parallelamente due fili della corrente elettrica distanti una ventina di centimetri uno dall’altro, fili elettrici che erano quelli che fornivano la luce elettrica a tutta la fila di casette della via cittadina. Guardandoli bene aveva notato che l’originario rivestimento isolante esterno dei fili, attraverso gli anni era totalmente sparito mettendo in luce direttamente il metallo di rame di cui erano costituiti.
Gli venne in mente la possibilità di fare un grande regalo alla zia.
UNA ATTREZZATURA MOLTO PARTICOLARE
Gino nel suo magazzino di casa aveva tutta l’attrezzatura per svolgere piccoli lavori in legno di cui era appassionato. Ebbene, scelto un pezzo di legno di grosso spessore ne tagliò un rettangolo di circa trenta centimetri per dieci. Comperata una piccola lastra di rame la tagliò in due strisce di circa tre cm di larghezza e dieci cm di lunghezza. Con delle viti da legno fissò, parallele tra di loro, le due lastre di rame nel legno in modo che fossero ad una distanza tra di loro equivalente circa all’interasse dei due fili di cui si è detto. Quindi collegò alle due lastre di rame un filo elettrico di circa tre metri e mezzo che terminava con una presa volante femmina e quindi andò a casa della zia a sperimentare l’attrezzo. L’operazione da fare consisteva nello sporgersi dalla finestra ed agendo con il filo elettrico che aveva collegato all’attrezzo di legno e rame, calarlo fino ad appoggiare l’attrezzo medesimo trasversalmente sui due due fili della corrente elettrica in modo che ognuna delle due lastre di rame finisse appoggiata su uno dei due fili elettrici. Quindi sul tavolo della cucina collegò il fornellino rotondo della zia alla presa volante e vide le resistenze del fornellino diventare rosse. Poté quindi fare il caffè senza alcuna spesa di corrente elettrica.
L’USO DELL’ATTREZZO PARTICOLARE
Gino si industriò ad istruire la zia sulle modalità da seguire per calare sui fili l’attrezzo che le aveva costruito. Dopo alcune prove la zia aveva imparato benissimo come calare “il coso” (come lo battezzò lei) e da quel giorno come arrivavano le amiche diceva loro : aspettate un momento che attacco il coso e poi vi faccio il caffè
L’avventura andò avanti per un paio di anni senza alcun problema. La zia aveva imparato benissimo a calare il coso sui fili per fare il caffè e le bollette della corrente elettrica restavano sempre sul consueto importo minimo.
I CONTROLLI DELLA SOCIETA’ ELETTRICA
Accadde però che ad un certo punto i funzionari dell’Azienda che forniva la corrente elettrica, venissero a sapere del furto di corrente che la zia di Gino perpetrava. Lei però non era al corrente di nulla e soprattutto non sapeva che il metodo inventato da Gino rappresentasse un vero e proprio furto di corrente elettrica.
Un giorno due funzionari dell’Azienda Elettrica si recarono a casa della zia per verificare come nella realtà andavano le cose nell’appartamento in questione. Si presentarono dunque a casa della zia la quale li accolse con la sua usuale cortesia. Prima ancora avessero il tempo di iniziare un discorso qualunque, con la sua consueta cortesia, disse loro : se avete un minuto di tempo io attacco il coso e vi faccio volentieri un caffè e dopo parliamo di quello che vi preme. Immediatamente prese il coso e si sporse dalla finestra per calarlo sui fili. I due funzionari la lasciarono fare tutto il procedimento di preparazione del caffè che gustarono ambedue. In realtà si erano comportati in quel mondo per lo scopo preciso di coglierla in fragrante furto di energia onde poter stilare un verbale nel quale si descriveva il reale svolgimento dei fatti, verbale da poter presentare al giudice durante lo svolgimento del processo giudiziario di condanna del ladro colto con le mani nel sacco proprio mentre stava compiendo il misfatto. La zia di Gino vista la meraviglia dei suoi ospiti volle spiegare loro che la sua modesta pensione non le avrebbe nemmeno consentito di fare quel caffè fuori orario e cioè tutte le volte che la cucina economica era spenta. Invece il coso miracoloso le faceva risparmiare completamente la spesa per la corrente elettrica precisando anche che tale utilissima economia nelle spese lei la praticava da un paio di anni.
Finito di bere il caffè i due funzionari spiegarono che lei aveva commesso, in loro presenza, un furto. Lei si sentí offesa perchè nella sua vita era stata al servizio di grandi famiglie e non aveva mai toccato nulla di quello che non era suo. In quel momento reagí violentemente lamentando di aver sentito chiamare ladra la sua persona che in vita sua non aveva mai rubato un centesimo.
A questo punto i due si guardarono negli occhi e le dissero: Signora, resti contenta. Noi abbiamo capito tutto. Abbiamo bevuto volentieri il suo caffè però prendiamo questo suo attrezzo e lo portiamo via senza fare alcun verbale. Lei sappia che non dovrà mai più compiere atti simili altrimenti dovremo agire come vuole la legge e, ringraziata la signora per la gentile offerta del buon caffè, uscirono di casa pensando che non si sentivano in grado di far nulla per denunciare quel caso veramente pietoso .
La zia chiamò suo nipote Gino e gli chiese di venir subito perchè aveva una cosa gravissima da dirgli: sono stata offesa, chiamata ladra, vieni subito a spiegarmi cosa ho fatto di grave.
La fine del racconto è chiara: Gino, sentito tutto quello che era successo compresa la mancata stesura del verbale ed il ringraziamento finale per la offerta di caffè, le disse di non preoccuparsi che tutto era a posto ma che non poteva più farle un altro coso.